
Microplastiche nel pesce: un rischio silenzioso per la salute umana
Le microplastiche che inquinano mari e oceani non si fermano all’ambiente marino: arrivano fino all’uomo attraverso la catena alimentare, in particolare tramite il consumo di pesci e crostacei. Fibre e frammenti di plastica provenienti da abbigliamento, packaging, attrezzature per la pesca e altre fonti si disperdono nell’acqua, vengono ingeriti dalla fauna marina e si accumulano nei tessuti muscolari, ovvero nelle parti che finiscono sulle nostre tavole.
L’analisi dei campioni: un dato allarmante
Uno studio condotto dai ricercatori dell’Oregon State University’s College of Agricultural Sciences ha dimostrato quanto sia diffuso questo fenomeno. Analizzando sei tra le specie più consumate sulle coste occidentali degli Stati Uniti – tra cui scorfano nero, merluzzo, salmone chinook, aringa del Pacifico, lampreda e gamberetti – gli studiosi hanno rilevato la presenza di microplastiche nel 98% dei campioni esaminati.
In particolare, su 182 esemplari analizzati, ben 180 contenevano microplastiche per un totale di oltre 1.800 residui plastici. La maggior parte erano fibre (82%), seguite da frammenti (17%) e da pellicole (0,6%). I gamberetti risultavano essere i più contaminati, con una concentrazione media di 10,68 particelle di plastica per grammo di tessuto muscolare.
Perché le microplastiche si accumulano nei pesci?
I livelli di contaminazione variano tra le specie e sembrano essere più elevati nei pesci più piccoli che si nutrono di zooplancton, il quale a sua volta assorbe microplastiche dall’ambiente marino. Inoltre, le creature che vivono vicino alla superficie dell’acqua, come i gamberetti, tendono ad essere più esposte rispetto a quelle che abitano fondali più profondi.
Microplastiche: provengono solo dall’inquinamento marino?
Gli studiosi hanno anche confrontato i livelli di plastica tra pesci acquistati nei negozi e quelli provenienti direttamente dai pescherecci. Sebbene siano state riscontrate piccole differenze, un lavaggio accurato del pesce prima della cottura ha ridotto notevolmente queste discrepanze, suggerendo che la plastica rilevata nei tessuti proviene prevalentemente dall’ambiente marino e non dal packaging utilizzato per la vendita.
Un problema globale: come possiamo limitarne l’impatto?
Il fatto che chi consuma pesce ingerisca inevitabilmente microplastiche non significa che si debba rinunciare ai prodotti ittici, il cui valore nutrizionale resta indiscusso. Tuttavia, questo dato deve servire come incentivo per:
- Ridurre il rilascio di plastica in mare, adottando politiche più rigide sullo smaltimento dei rifiuti
- Migliorare i sistemi di filtrazione, sia domestici (per lavatrici, lavastoviglie e asciugatrici) sia industriali
- Adottare buone pratiche in cucina, come il lavaggio del pesce prima della cottura per rimuovere almeno le particelle in superficie
Proteggere la salute umana e quella dell’ambiente passa anche dalle nostre scelte quotidiane. Prenota un’analisi presso il nostro laboratorio per monitorare il tuo stato di salute e scoprire di più sugli effetti delle microplastiche sull’organismo.