
Cessazione della qualifica di rifiuto: le linee guida SNPA
Rifiuti, sottoprodotti e “End Of Waste” rappresentano concetti chiave nella gestione dei rifiuti, ognuno con le proprie peculiarità. In seguito alle recenti modifiche sulla disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto, il SNPA – Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente – ha redatto alcune linee guida per l’applicazione della disciplina sull’EoW.
Rifiuti, sottoprodotti ed EoW (End Of Waste)
Il rifiuto, come ormai sanno tutti – tanto se n’è sentito parlare – dal punto di vista giuridico è “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”.
Ma non tutte le sostanze, e non tutti gli oggetti, di “risulta” da processi di lavorazione devono necessariamente andare “al macero”. Questi possono infatti “in qualche modo essere “riutilizzati”, evitando così l’utilizzo di materie prima. E utilizzando quindi i rifiuti (o ciò che potrebbe diventarlo a stretto giro) come risorse.
In estrema sintesi:
- i sottoprodotti non diventano neanche rifiuti, ma sono sostanze o oggetti che, a determinate circostanze, vengono esclusi dalle regole (gravose) sulla gestione dei rifiuti, e possono essere utilizzati come risorse;
- ciò che deriva, invece, dalle operazioni di recupero, a determinate circostanze, può essere classificato come EoW, cessando così di essere rifiuto.
La cessazione della qualifica di rifiuto (EoW) e i sottoprodotti a confronto
Nella seguente tabella vengono sintetizzate le principali differenze fra sottoprodotti e EoW.
Sottoprodotti
È un sottoprodotto (e non un rifiuto) qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:
- la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
- è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
- la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
- l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
End of Waste
Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:
- la sostanza o l’oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici;
- esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
- la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
- l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
Tali criteri:
- sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente;
- includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto.
*Nel caso degli EoW si presuppone sia la presenza di un rifiuto sia l’effettuazione di una operazione di recupero.
Nel novembre dello scorso anno (legge n. 128/2019) sono state introdotte alcune importanti modifiche nella disciplina sulla cessazione della qualifica di rifiuto.
Innanzitutto, si è precisato che, in mancanza di criteri specifici, continuano ad applicarsi, quanto alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti, le disposizioni di cui ai decreti 5 febbraio 1998 e 12 giugno 2002, n. 161 e 17 novembre 2005, n. 269.
Aspetti procedurali
Quindi, le modifiche hanno riguardato importanti aspetti procedurali:
- le autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni devono comunicare all’ISPRA i nuovi provvedimenti autorizzatori adottati, riesaminati o rinnovati, entro dieci giorni dalla notifica degli stessi al soggetto istante;
- l’ISPRA, o l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente delegata dal predetto Istituto, controlla a campione (in contraddittorio con il soggetto interessato) la conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti (a mero titolo di esempio: i rifiuti in ingresso; i processi di recupero e le sostanze o oggetti in uscita) agli atti autorizzatori rilasciati e alle condizioni sintetizzate in tabella, redigendo, in caso di non conformità, apposita relazione (l tempo a disposizione è di 60 giorni);
- il Ministero dell’ambiente (entro 60 giorni) adotta proprie motivate conclusioni, e le trasmette all’autorità competente, che avvia un procedimento finalizzato all’adeguamento degli impianti, da parte del soggetto interessato, alle conclusioni ministeriali e, in caso di mancato adeguamento, dispone la revoca dell’autorizzazione;
- se, decorsi 180 giorni dalla comunicazione all’autorità competente, il procedimento non si è concluso o addirittura neanche avviato, il Ministro dell’ambiente può provvedere, in via sostitutiva e previa diffida, anche mediante un commissario ad acta, all’adozione dei provvedimenti
- tutti gli anni l’ISPRA redige una relazione sulle verifiche e i controlli effettuati nel corso dell’anno;
- al fine del rispetto dei principi di trasparenza e di pubblicità, è istituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare il registro nazionale per la raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate concluse.