
L'Istituto Superiore di Sanità consiglia: poco sale, ma iodato
L’insorgenza di malattie croniche in Italia e non solo è determinato da un eccessivo uso di sodio e da un’insufficienza di iodio.
Ad aumentare i rischi cardiovascolari concorre in modo significativo la dieta; troppo spesso infatti, si cade nell’errore di un’eccessiva assunzione di sale.
Dall’ipertensione arteriosa ai tumori dell’apparato digerente, sono molteplici le malattie correlate all’uso di sale scorretto.
Per prevenire e dare linee guida utili alla tutela della salute, l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) consiglia l’assunzione di non più di 5 grammi di sale al giorno.
Diminuire l’assunzione di sodio è solo uno dei passi necessari per tutelare la propria salute: l’altro consiste nell’incrementare il consumo di iodio.
Lo iodio infatti svolge un’importante funzione regolatrice della ghiandola tiroidea, con conseguente impatto sulla produzione di energia nell’organismo ma anche l’acutezza mentale e la parola.
La corretta assunzione di iodio concorre in modo significativo al corretto sviluppo del feto in gravidanza.
Come introdurre iodio nell’organismo
Oltre la metà dello iodio introdotto nell’organismo viene eliminato attraverso le urine.
Per garantire la corretta integrazione di questo importantissimo elemento nel nostro fisico, è utile avvalersi dell’arricchimento con iodio del sale da cucina.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità si è espressa, raccomandando l’utilizzo di sale iodato a tutta la popolazione, a prescindere dalla mancanza di condizioni di salute particolari che ne richiedano espressamente il consumo.
Il sale e l’Italia
Il nostro Paese si è espresso con la Legge n. 55 del 21 marzo 2005 in cui si raccomanda di utilizzare “meno sale ma iodato”.
I rivenditori sono stati quindi obbligati a proporre il sale iodato e promuoverlo in alternativa a quello comune, rendendolo disponibile in tutti i punti vendita di generi alimentari.
Nonostante la raccomandazione e la legge sulla iodoprofilassi, nel 2012 il sale iodato rappresentava solo il 54% del totale del sale venduto in Italia dalla grande distribuzione, il 25% di quello usato nella ristorazione collettiva e dal 2% al 7% di quello impiegato nell’industria alimentare.